Gli appuntamenti fieristici ed espositivi sono il centro di un percorso di interazione diretta tra esseri umani. La comunicazione digitale però è pervasiva e sono disponibili molti strumenti di interazione digitale: diventa quindi possibile costruire flussi di interazione tra umano e digitale. Come si progettano questi flussi? Quali elementi bisogna considerare per usare strategicamente gli strumenti di interazione digitale nelle fiere?
Ci sono sostanzialmente due grandi categorie di utilizzo dell’interattività nell’esposizione, e corrispondono a due obiettivi strategici:
- Creazione di Brand Awareness
- Generazione di contatti commerciali (lead generation)
Questi due obiettivi richiedono approcci differenti. Vediamoli insieme.
Interazione e Brand Awareness nel contesto espositivo
Costruire notorietà di marca nelle fiere significa soprattutto fare emergere lo stand dal rumore di fondo della manifestazione. Se invece parliamo del pubblico che visita uno showroom, il rumore di fondo è molto minore, e il visitatore ha già scelto di dedicare parte del suo tempo al brand; in questo caso la notorietà di marca si rafforza attraverso la conferma delle promesse del marchio, ed è più importante puntare ad un’interazione in questo senso che all’emersione dal rumore di fondo.
Nel corso degli anni abbiamo osservato che l’interazione digitale orientata a creare Brand Awareness ha più spesso un carattere ludico: lo stupore, la situazione di gioco, la rappresentazione sorprendente di un prodotto sono gli elementi con cui si attrae l’attenzione del visitatore e si genera un’esperienza memorabile.
Catturare l’attenzione e fornire un’esperienza memorabile sono i passaggi fondamentali nella costruzione della consapevolezza sul marchio in fiera, e vanno gestiti in contemporanea.
Catturare l’attenzione: l’esperienza di interattività deve essere abbastanza forte da staccarsi dal contesto. Ad esempio, un semplice visore a realtà virtuale inserito in uno stand non è più un elemento di novità e stupore sufficiente a generare da solo l’intenzione di visitare uno stand.
Un visore a realtà virtuale collegato ad una bicicletta su rulli e circondato da strumenti di riproduzione sensoriale di un viaggio in bicicletta (ventilatore, variatore di pendenza e velocità, diffusore olfattivo) può essere uno strumento più adatto; meglio se inserito in un ambiente apposito dello stand, visibile e decorato appositamente.
Costruire un’esperienza memorabile di intrattenimento: è Il punto su cui vanno indirizzati i propri sforzi, cercando di suscitare emozioni legate ai valori del marchio, e lasciando traccia di ciò nell’esperienza fieristica del visitatore. Per restare nel nostro esempio sulla simulazione sensoriale di un viaggio in bici, riprodurre un viaggio standard può non essere memorabile; riprodurre un’esperienza di downhill racing in cui parlare della resistenza del mezzo, o un’esperienza di visita a percorsi naturalistici rari in cui parlare di una località turistica sarebbe invece sicuramente memorabile.
Quando però si parla di Showroom aziendale questo è più complesso da fare, anche e soprattutto perché nello Showroom tende a prevalere la necessità di trasformare un contatto in vendita, rispetto a quella di costruire notorietà del marchio.
Su questo fronte quindi possiamo dire che la ricerca di processi di interazione digitale per creare Brand Awareness ha spesso bisogno di “interventi” sullo spazio espositivo di portata ampia, tendenzialmente voluminosi (e spesso costosi).
Tuttavia proprio la portata di questi interventi “obbliga” a massimizzarne i ritorni, e questo ci porta a fare un’affermazione: l’interazione digitale non può rimanere confinata all’interno della fiera, ma deve produrre brand awareness anche fuori dai confini spaziali e temporali dell’evento. In questi ci aiuta la pervasività della comunicazione digitale: i visitatori infatti tendono a condividere le esperienze memorabili sui canali digitali, e questa tendenza va pertanto incoraggiata e facilitata. Ad esempio, è fondamentale creare hashtag personalizzati per assicurarsi di comparire in queste condivisioni, e invitare direttamente i visitatori ad utilizzarli.
In generale quindi le parole d’ordine per creare Brand Awareness in contesti espositivi sono “stupisci” e “invita”, per generare attenzione positiva e allargamento dell’ampiezza comunicativa.
Interazione e Lead Generation nel contesto espositivo
La generazione di contatti in fiera (o di vendite nello showroom) è direttamente proporzionale alla capacità dell’azienda di seguire e curare l’esperienza di visita del cliente. Questa va indirizzata di volta in volta verso il risultato desiderato. Se lo stand fieristico o lo showroom prevedono interazioni soltanto con altri esseri umani, questa capacità ha un limite: la quantità di personale che si può mettere a disposizione dei visitatori.
L’interazione umano – digitale può aumentare la capacità dell’espositore di seguire e curare l’esperienza di visita del cliente. I mezzi più semplici da utilizzare a questo proposito sono quelli che consentono l’automazione dell’accoglienza, incrementando il flusso di visitatori sostenibile. Ci sono però anche altri strumenti, che possono servire a registrare i comportamenti del visitatore, e a impostare semplici reazioni a questi comportamenti; questi strumenti “sostituiscono” il personale dell’azienda nella raccolta delle informazioni nello Showroom o nello stand fieristico, ottimizzando la capacità dell’organizzazione di interagire con i propri visitatori. Un esempio efficace può essere l’utilizzo di software di tracking, anche attraverso semplici telecamere digitali, per registrare il modo in cui un visitatore interagisce con un prodotto. Questi sistemi riescono a catturare le preferenze del visitatore, e forniscono agli operatori indicazioni importanti sui prodotti più apprezzati o addirittura dettagli su come realizzare le effettive proposte di vendita a ciascun cliente.
Qui l’obiettivo è automatizzare le interazioni che possono essere “sottratte” al rapporto umano-umano, in modo da massimizzare il rapporto tra operatori fisici dell’azienda e visitatori. Il vincolo, ovviamente, è nel fornire comunque un’esperienza di visita positiva, non fredda o meccanizzata, e un rapporto naturale con il brand.
Queste attività si prestano più agevolmente all’uso negli showroom, dove è più semplice predisporre gli spazi, dove il rapporto con il cliente è più strutturato (al contrario delle fiere in cui il visitatore può essere un perfetto sconosciuto all’azienda) e non ultimo dove le preoccupazioni relative alla privacy possono essere affrontate con più efficacia. Se si vuole realizzarle in un contesto fieristico è indispensabile stringere buoni rapporti con gli organizzatori, in modo da avere la consapevolezza dei limiti a queste attività, e tutto il supporto tecnico necessario.
Se volessimo dare anche qui due parole d’ordine, sarebbero “misura” e “intervieni”, per raccogliere informazioni e agire nel momento giusto.
L’integrazione dell’esperienza
Le esperienze di interazione digitale, proprio per la loro natura replicabile e condivisibile, non devono rimanere confinate nel momento; vanno pensate all’interno di un flusso che integri il “prima” e il “dopo” esperienza. Non va dimenticato che accanto all’interazione “straordinaria” con le tecnologie, esiste un’interazione “standard” che avviene tutti i giorni sui touchpoint elettronici di uso comune: computer, cellulari, il cloud, la rete. È interazione, ad esempio, anche l’utilizzo di organizer integrati per gestire la prenotazione degli appuntamenti tra clienti e forza vendita: questi strumenti consentono ai clienti di inserire direttamente le proprie preferenze su spazi condivisi del CRM aziendale, o su form in cloud. Quindi l’interazione digitale va pensata anche prima e dopo l’evento (fiera, meeting in showroom), e vanno predisposti sistemi per sfruttarla, creando un sistema integrato nel tempo di comunicazione pre e post evento.
Lo stesso discorso vale per lo spazio: anche qui occorre integrare l’interazione digitale: le esperienze di interazione non devono essere “slegate” dal resto dello spazio espositivo (stand o showroom), ma essere parte di un concept. Se il momento di interazione rimane confinato ad una singola area difficilmente riuscirà a “scaricare” la sua potenza comunicativa sul brand o sulla generazione di contatti. Il valore aggiunto dell’interazione si trasmette sul visitatore e sul brand quando l’interazione si inserisce in un concept integrato con:
- L’architettura dello Stand;
- La comunicazione grafica / visiva;
- Le modalità di fruizione (l’ergonomia degli spazi, una comunicazione chiara e precisa sulle modalità di utilizzo).
Inoltre è necessaria una specifica formazione del personale presente nello Stand, per guidare al meglio le interazioni tra visitatore e strumenti.
Tutto questo poi acquisisce ulteriore valore se il concept comunicativo pensato va oltre i confini della fiera, e si connette alle esperienze che si possono vivere in altri touch point aziendali come il sito aziendale, i negozi o altro.
Alla base di questo, così come degli elementi visti in precedenza, c’è il fatto di concepire l’esposizione non come evento a sé stante e slegato dalla vita aziendale, ma come parte di un flusso che ha lo scopo di costruire l’identità di brand e di raggiungere obiettivi commerciali. Un flusso che inizia prima della fiera e si conclude dopo, e come tale va progettato.
Conclusione
Abbiamo visto due possibili approcci all’interazione nel contesto espositivo, e alcuni consigli su come orientarne la progettazione. L’elemento più importante resta però come si concepisce la situazione espositiva.
Nell’esempio delle fiere in particolare, se partecipare ad una fiera rimane un’occasione, un meccanismo organizzativo che si accende tre mesi prima e si spegne la settimana dopo dell’evento, progettare complesse situazioni di interattività sarà inutilmente dispendioso.
Il cuore di tutto è concepire l’evento fieristico come la parte di un tutt’uno organico, che è lo sforzo di marketing dell’azienda; un movimento che pervade il sistema aziendale e si connette da un lato alla strategia dall’altro ai risultati di vendita, e che deve essere pensato nella sua interezza perché ogni elemento porti un contributo e non agisca in maniera a sé stante.