STANDing INNOVATION ha incontrato Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei Consumi e direttore del Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior and Brain Lab” dell’Università Iulm di Milano.

Qual è la sua definizione di innovazione?

Essendo uno psicologo dei consumi e di neuromarketing e occupandomi di emozione, per me innovazione è tutto ciò che può determinare un momento di coinvolgimento, di engagement, inaspettato. Per i consumatori l’inaspettato è quell’“effetto wow” che determina il coinvolgimento in qualsiasi tipo di esperienza, online, in field, e soprattutto nel contesto che stiamo studiando, quello delle fiere e dei centri commerciali. Per me innovazione significa questo: saper coinvolgere consumatori che sono sempre alla ricerca di esperienze e soprattutto – ahimé, questo è un elemento non necessariamente positivo – si aspettano velocità.

Quale funzione dovrebbe avere oggi un evento fieristico?

Un evento fieristico oggi deve avere la capacità di coinvolgere le persone. Deve saper creare rinvii da qualche altra parte, prima, durante e dopo. Deve essere un luogo non più soltanto espositivo ma un luogo in cui le persone possono vivere un’esperienza diretta, provare delle emozioni quanto più coinvolgenti possibile su quelle che sono le novità del settore, dando anche un senso nuovo alle cose. Se devo partecipare a una fiera che si occupa per esempio di prodotti per la casa, devo sapere che questa non è più soltanto il luogo dove esporre i prodotti, è un luogo in cui si racconta uno stile di vita, un luogo in cui le persone si possono riconoscere, ritrovare o scoprire come soggetti di un particolare tipo o stile di vita. Di più: non solo un luogo in cui si ha l’esperienza, ma un luogo in cui si può imparare qualche cosa, magari rinviando ad approfondimenti che si possono anche fare online: non dimentichiamoci che la migliore comunicazione è quella integrata.
L’esperienza rimane comunque il punto fondamentale, soprattutto in alcuni settori in cui l’esigenza di essere coinvolti emotivamente è fondamentale, penso al mondo del food, ma questo vale anche per ciò che meno si può mangiare, ovvero i gioielli.
Penso che il mondo fieristico in questo momento debba lavorare molto sulla capacità di creare engagement, di creare emozione, creare soprattutto uno stato di comfort e di benessere: le persone non possono stare per ore “sequestrate” dentro padiglioni belli nei loro singoli stand ma spesso confusionari nella comunicazione e poco confortevoli. Su questo stiamo già lavorando da un po’ di tempo anche con GRS, [società che si occupa di ricerca e strategia per il settore fieristico, N.d.R.], con Enrico Gallorini e tanti altri esperti per capire come rendere molto più confortevoli gli ambienti. Credo che questo sia un elemento molto importante su cui investire.

Quale potrebbe essere una soluzione innovativa per comunicare in fiera?

Le soluzioni possono essere veramente tante, la più banale, la più immediata, è quella di affiancare a quella che è l’esperienza anche l’innovazione tecnologica.
Penso anche alla possibilità di creare degli spazi ludici, spazi di coinvolgimento che diventa anche apprendimento: non l’apprendimento noioso – a volte morboso – che è quello in cui si raccontano le caratteristiche tecniche di alcuni prodotti o alcune soluzioni, ma la possibilità di far giocare le persone creando occasioni di apprendimento. Apprendere per esempio la propria capacità a riconoscere le stimolazioni sensoriali, una cosa che non siamo abituati a fare.
Io credo che la comunicazione non possa essere demandata alla brochure, né tantomeno alle relazioni di vendita  – che tra parentesi sono fondamentali: i venditori, i promotori e tutto il personale commerciale deve avere una capacità di comunicazione basata sicuramente sull’esperienza personale, ma anche su tecniche, come quelle messe a punto dalle neuroscienze, per essere molto più affidabili. La comunicazione visiva, quella che fa sognare, che permette un coinvolgimento, e perché no anche altri stimoli aiutano a comunicare qualcosa, i profumi aiutano a comunicare qualcosa, i colori comunicano qualcosa, le luci comunicano qualcosa. Ecco, io credo che la polisensorialità da una parte, le abilità delle persone dall’altra e l’uso delle tecnologie in maniera integrata siano elementi indispensabili della comunicazione innovativa in un contesto fieristico.